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Gente di caruggi  -  Muzolino

(Pietro Troia)

 

 

 

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Incontrandoti, facilmente ti salutava, per primo, in francese, con la caratteristica voce alta, pesante, come un colpo di massetta:

  -  Bonjour!

  -  Bonjour, monsieur Pierre. Comment ça va?

  -  Très bien. Merci... A bientôt!...

E si allontanava per continuare il suo lavoro. Era Pietro Troia (u Petrin). Ma, chiamandolo così tirava dritto sul carretto. Lui era Muzolino (e lo è ancora, nella lapide in cimitero).

 

La lingua francese era l’unico souvenir che aveva portato da Bona: alla morte del padre, all’età di undici anni, Petrin seguì la sorella sposata, emigrata in Algeria. Qui cominciò la carriera di lavoratore instancabile. Che interruppe per fare il servizio militare in Italia (era pur sempre cittadini italiano).

Proprio per questo motivo, quando rientrò in Algeria, nessuno gli offrì lavoro. Muzolino si convinse che la nostra penisola e, soprattutto l’ isola di San Pietro, u l’à u paize ciü bellu du mundu.

 

E si organizzò per fare il trasportatore autonomo (il lavoro dipendente non era per lui, che amava la libertà). Si spinse fino a Buggerru per acquistare un mezzo di trasporto: un’asinella, che pagò con due lenzuola ruvide, sottratte d’en ta cascia di casa, di nascosto dalla moglie. E fece la strada a piedi, dietro l’animale.

Giunto a Iglesias, si fermò a una bevetta, per togliersi la sete. Ma, quando uscì, l’asina non c’era più: aveva preso la via di ritorno a Buggerru. Muzolino la rincorse. A piedi, andata e ritorno.

 

Iniziò così la lunga carriera di Muzolino a Carloforte sempre a fianco del carretto, o seduto sulla parte anteriore, avanti e indietro per tutti i caruggi du paize e per i servizi più svariati.

L’asina regalò al proprietario un bel puledrino: Cesare, fedele compagno di tante fatiche. Animale paziente, amico dei bambini (che gli davano da mangiare in mano) e dei turisti. I quali acquistavano un rullino in più per fotografarlo.

Per anni, i monumenti più inquadrati nel mirino dei turisti furono due: l’archiotto di via Solferino e l’asinello di Muzolino. A casa di Petrin sono giunte tante fotografie di Cesare, da riempire un grosso album.

 

Quando il fedele amico cedette all’età e alla fatica, Muzolino lo sostituì con Cacasseno, asinello bizzarro, tanto diverso dal predecessore: non aveva voglia di tirare il carretto e de ciü, u l’è molu: u l’a u vissiu d’addentò e gente.

Quando lo cedette ad altro proprietario, Muzolino accompagnò Cacasseno all’imbarco; mentre il traghetto partiva, tra il dispiaciuto e il soddisfatto, gli mormorò dietro: Aua ti u pigi ti!... Vagni!...

Forse non ci crederete: Cacasseno ha ragliato due volte. Anche lui, a modo suo, provava dispiacere di lasciare un padrone così.

A questo punto Muzolino si rassegnò: rinunciò all’amico di lavoro quadrupede, per accontentarsi di un nuovo amico, bipede, di metallo: la bicicletta; e, alla fine, anche il più prosaico tre ruote (col quale distribuiva il pane di Tosca alle rivendite).

 

Ma la differenza c’era e si vedeva. Anzi, si provava: l’asinello era vivente, sensibile, gli poteva parlare; esso, come poteva, gli rispondeva. La bici, invece, è fredda, muta, priva di sensibilità. Se si ferma sul più bello, non puoi neppure spronarla (o indirizzarle una parolaccia): non avrebbe senso e non avresti alcuna risposta.

 

Muzolino visse così la sua vita di grande lavoratore: partendo dal nulla (ma proprio da zero) con mezzi semplici, ma con una volontà senza limiti, potè comprarsi una casa e mettere su famiglia. A ragione poteva dire: Sun u ciü riccu di carretté!

 

 

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Testi estratti da "GENTE DI CARRUGGI" e da "GENTE DI CARUGGI 2" entrambi di Daniele Agus

Alcune immagini sono prelevate da "CARLOFORTE, ISOLA DI SAN PIETRO" di Antonio Torchia

 

 

 

 

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