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Gente di caruggi -
Mosè e Fiacca
(Pietro e Francesco Damico)
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La sfida
era: chi riesce a superare la bitta di corsa, passando
sull’orlo della banchina (giochi innocenti del secolo scorso).
Concorrenti in gara: Pietro e soci, dentro un cappotino perché
è inverno. Pari o dispari per chi parte prima.
Pietro guizza
cumme ‘n guéttu. Sorpassando la bitta, scivola
leggermente col piede e cade in mare.
Il Mosè
biblico fu chiamato così, perché salvato dalle acque del Nilo.
Pietro fu salvato dal cappotto: cadendo in mare, quello si è
gonfiato, diventando un autentico salvagente. Da quel giorno
Pietro fu Mosè.
Il fratello
Franchin ha un nome più calmo: Fiacca. Il
puverbiu dei
due corrisponde perfettamente all’indole di ciascuno. Vivono e
lavorano in tandem. L’attività inizia col bar Damico (oggi
Fontana). All’inizio la conduzione è quadrangolare: Mosè,
Fiacca, il fratello Beppin (noto Magnetta) e l’amico Antonio
Rivano (Tugnin du grillu).
Ognuno dei quattro simpatizza per
un diverso partito politico: erano un comunista, un
socialista, un democristiano e un missino. Oggi sarebbe un
particolare del tutto trascurabile; ma, nell’immediato
dopo-seconda guerra mondiale, era di vitale importanza per
l’approccio con i clienti. Quando nel bar entrava qualcuno,
gli facevano subito l’ecografia virtuale della tessera che
aveva in tasca; poi si dicevano, sottovoce:
stuchì u l’è u
to; vagni!
Mosè e
Fiacca, dopo qualche anno, si mettono in proprio. Nel 1951,
rilevano il ristorante di
Beppin du Cialin (Giuseppe
Rivano), classico esemplare di americano-du-paize, che aveva
investito nel Diramare la fortuna accumulata
in ti doki de
Brooklyn. Egli non poteva gestire personalmente il
ristorante, perché disabile: si muoveva in carrozzella
motorizzata (la prima in circolazione a Carloforte).
Beppin du
Cialin aveva ceduto l’attività ai fratelli Damico, parte in
vendita e parte in vitalizio: egli avrebbe usufruito del vitto
quotidiano vita natural durante. Considerata la situazione,
Mosè e Fiacca accettarono volentieri, perché c’era tutto da
guadagnare (almeno, così sembrava): Beppin, disabile e
avanzato negli anni, non sarebbe sopravvissuto a lungo. Ma,
evidentemente, non avevano consultato i tarocchi.
Beppin du
Cialin visse, sano e vegeto, per altri ventitré anni. Tutto il
giorno
u scuriva insci-a ciassa sulla carrozzella
bionica. All’ora dei pasti si presentava in ristorante
puntuale come una cambiale, in compagnia della sorella. I due
mangiavano uno a capo del tavolo e uno all’altro capo, serviti
con tutti i crismi del contratto vitalizio.
I fratelli
Damico furono ristoratori fino agli anni settanta del
novecento. Fiacca, calmo, orientava il locale all’interno.
Mosè girava tutta la mattina, trascinando per le orecchie una
bici antidiluviana con due portatagli (anteriore e
posteriore).
Quando i due
pionieri cessarono l’attività, anche il Diramare cessò, quasi
per associazione di destino: fu, successivamente,
‘Uno –
due – tre, pizza gelato e caffè’.
Alla sua
caduta è stato ripescato da ‘Sartù’ (boutique, abbigliamento).
Forse, lo
spiritello di Mosè, salvato dal cappotto, aleggia ancora nei
dintorni.
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