> Mi ricordo di ...

 

 

Gente di caruggi  -  Dïsette de Zenò

(17 Gennaio)

 

 

 

Appoggia il puntatore del mouse sulla parola o frase in dialetto per visualizzarne la traduzione in italiano

  

1739. La sera del 16 gennaio, tra le baracche di legno, si respira aria di festa. I piccoli caruggi sono animati da un andirivieni e un vociare insolito: i coloni si preparano a celebrare il primo dïsette de zenò della storia carolina. Da allora, questa data si vive con lo stesso spirito da oltre duecentocinquant’anni, senza soluzione di continuità, pur con qualche variante nei particolari.

 

Come mai i carlofortini sono tanto devoti a S. Antonio Abate? Veramente, il 17 gennaio la devozione è rivolta più al porcellino che al santo.

È noto che la giornata in questione è dedicata, quasi con venerazione, all’inizio du Carlevò. È una tradizione popolare d’oltre Tirreno: in genere, le feste carnascialesche iniziano subito dopo l’Epifania da Roma in su. E ce ne fosse ancora bisogno, il dïsette conferma che i pegliesi hanno conservato a Tabarca le usanze liguri e le hanno imbarcate sulla tartana quando vennero a S. Pietro. E tuttora le celebrano, nonostante qualunque disposizione contraria (formula giuridica, corrispondente al così sia scritto, così sia fatto dei faraoni d’Egitto).

 

Infatti, qualche decennio addietro, il Ministro della Pubblica Istruzione aveva emanato un’ordinanza: soppressi tutti i giorni di vacanza non previsti nel calendario scolastico della Repubblica. A dir la verità, l’ordinanza non ci ha fatto venire ‘a pelle a ŝcuccuzù neppure un tantino così. E tradizioni ultracentenarie non si possono abolire. Perciò il 17 gennaio, a Carloforte, continua ad essere onorato come Dio comanda.

E la scuola? No problem (ormai siamo tutti inglesizzati). Si risolve così: i presidi fissano un’assemblea di istituto regolarmente contemplata dalle norme vigenti; e gli alunni regolarmente disertano l’assemblea.

 

Tutti si imboscano in te vigne. Fino a qualche anno fa, si partiva al mattino, quasi di buon’ora. Adesso i ragazzi )a datare dalla terza media) ottengono dai genitori la chiave della baracca e vanno in campagna la sera prima, tutti insieme appassionatamente.

Se la giornata festiva è buona, tipica delle secche di gennaio (metà mese) si arrostisce nel barbecue (monumento immancabile in ogni vigna che si rispetti); se la giornata è proprio invernale, si arrostisce all’interno. Che cosa? Di tutto e di più: sardine, salsicce e dintorni. Male che vada, c’è aperta la rosticceria di Anna dei polli.

 

Si mangia con le mani (che bella soddisfazione!), con tanta semplicità e tanti fiaschi, che mettono euforia. Se poi nel gruppo c’è una chitarra (non manca mai), si dà la stura ai canti popolari, gelosamente tramandati. Ala calar del sole, appuntamento in piazza, dove si continua a cantare.

Adesso c’è qualche variante: l’appuntamento, preferibilmente, cambia indirizzo: non più in piazza, ma in discoteca. Beh, che il 17 gennaio si conservi nel tempo, è cosa buona e giusta; ma non può sfuggire al contagio del progresso computerizzato.

 

Comunque, pur con le varianti, ogni carlofortino doc può ripetere toglietemi tutto, ma non... i dïsette de zenà, giobelà, fradelà...

È la canzone popolare che è risuonata per prima nella nostra isola. E risuonerà ancora per molto tempo.

 

 

Appoggia il puntatore del mouse sulla parola o frase in dialetto per visualizzarne la traduzione in italiano

 

 

 

 

 

Testi estratti da "GENTE DI CARRUGGI" e da "GENTE DI CARUGGI 2" entrambi di Daniele Agus

Alcune immagini sono prelevate da "CARLOFORTE, ISOLA DI SAN PIETRO" di Antonio Torchia

 

 

 

 

Web Site designed and created by R. S.
Hieracon.it - Tutti i diritti riservati.
All rights reserved. Vietata la riproduzione anche parziale.