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Gente di caruggi  -  Centoscudi

(Ditta Aversano)

 

 

 

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Calasetta. Il vecchio Luigi Centoscudi, faceva il pescatore. Una vita di risultati sempre incerti, legati al capriccio del tempo. Difficile portare avanti la famiglia numerosa.

 

In un mattino d’inverno, prima ancora che albeggi, sveglia il figliolo, Sarvatù, poco più che decenne; e lo conduce con sé a salpare le nasse, in tu friu. Pur nella pallida luce dell’alba, il ragazzo si accorge che le nasse non sono quelle calate dal padre; e gli dice:

  -  O babbu, ‘ste chi nun en e nostre nasse.

  -  E sorpa, figgiu – risponde il genitore – u Sacro Cuore u ghe pensiò.

 

Da quella mattina Salvatore è cresciuto con questa devozione nel cuore. Allora i figli, generalmente, continuavano la professione paterna. Centoscudi junior ci ha provato, anche durante l’esperienza dell’emigrazione: la famiglia si spinge fino a Biserta e Bona (e anche nella stessa Tabarca) alla pesca di aragoste. Ma i risultanti erano poco gratificanti.

 

Salvatore si convince che la sua vita è, sì, il mare; ma non la pesca: Sono due cose diverse. Questa distinzione gli viene da invito della Tirrenia con la richiesta di prestare per essa i suoi servigi. Correva l’anno 1937. E dopo avere finito di lavorare per la Tirrenia cominciò a dedicarsi, in proprio, al trasporto passeggeri. E così, Sarvatù Centoscudi inizia la sua carriera di armatore-comandante-primo ufficiale-nostromo sulla linea privata Calasetta-Carloforte e viceversa. Facile riconoscerlo: porta sempre, con orgoglio disinvolto, il berretto caratteristico, che fa di lui il Corto Maltese del canale di S. Pietro.

 

Il primo barco (in marineria i mezzi di trasporto si possono indicare anche al maschile), fu il San Giovanni Battista, costruito a Biserta (ultimo ricordo del periodo delle aragoste). L’attività del trasporto passeggeri rivela la vera vocazione di Carlo Salvatore Aversano (nome originale di battesimo), che, però, passa alla storia del trasporto marittimo come Centoscudi, e basta.

Gli inizi sono timidi. Poi, l’incremento dei passeggeri si fa incoraggiante; e trova Sarvatù sempre disposto a effettuare corse ordinarie e straordinarie. Il San Giovanni B. era il mezzo di collegamento più frequente (nel 1961, sette corse giornaliere, contro le cinque della Tirrenia).

 

Per soddisfare le esigenze crescenti, la flotta Aversano, ogni tanto, metteva in armamento una nuova imbarcazione. Nell’ordine sono state varate: dopo il San Giovanni, il Sacro Cuore (forse a ricordo di quelle nasse); il Pierino (in omaggio a un figli); la Graziella (pensiero gentile per soli turisti), Dio Onnipotente (nome ex voto per lo sviluppo dell’attività). Come si vede, la flotta Centoscudi era sotto la protezione dei santi; fino a Dio Onnipotente (più in là non poteva andare).

La sicurezza del trasporto e la protezione dei santi erano compresi nel prezzo del biglietto. Perciò, durante la navigazione, Centoscudi visitava personalmente tutti i passeggeri, dicendo caccia diné; era l’invito a fare il biglietto a bordo, senza il fastidio della prenotazione e della fila in agenzia.

 

È sottinteso che Centoscudi trasportava anche merci. I mezzi di trasporto al seguito (moto e automobili) inizieranno a essere traghettati col Pierino, ma in modo piuttosto precario (spostando ogni auto a mano, per fare posto alla seguente). Col Dio Onnipotente si va un pò più sicuri. Finché arriva il traghetto vero e proprio: il Centoscudi, armato presso i cantieri di Napoli, nel 1963. Trasporta 35 automobili e 10 autocarri trasportatori.

 

Nel 1967, col natante intitolato alla ditta, Centoscudi lascia il servizio Calasetta-Carloforte, dopo 30 anni di attività (ormai si è ingigantita la società di navigazione Tirrenia), continuerà per quindici anni nelle acque dell’arcipelago di La Maddalena.

 

Questa, in sintesi, la presenza dinamica di Centoscudi nel caruggiu marittimo che collega la comunità tabarkina du paize alla consorella dirimpettaia de Cadasedda.

Presenza ricca di particolari e di storia.

 

 

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Testi estratti da "GENTE DI CARRUGGI" e da "GENTE DI CARUGGI 2" entrambi di Daniele Agus

 

 

 

 

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