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Gente di caruggi -
Tano
(Gaetano Iesu)
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Giorno di
mattanza. Quando le barche sono
incastellate (schierate
a quadrato sulla camera della morte), il rais, in piedi nella
musciara (barca del capopesca) invita la ciurma alla
preghiera.
I tonnarotti, quasi convinti, pregano S. Pietro,
collega-pescatore. Ma all’invito di invocare
S. Gaetanin
ch’u ne mande da Pruvidensa, tutti si ribellano in coro:
Onù, ch’u l’ha i pighêuggi; riferimento scaramantico a
un povero diavolo del paese, di nome Gaetano.
Beh, il
nostro Gaetano non ha niente da spartire col santo licenziato.
Egli è Tano, e basta. Con questo diminutivo di famiglia è noto
a tutti, carlofortini e turisti. Infatti, chi doveva prendere
il traghetto andava
a fò u bigiettu dau Tano. Per 38
anni (dal 1958 al 1996) è stato seduto dietro allo sportello
della Tirrenia a staccare i biglietti, fin dai tempi
du
Beppin Cascà (Giuseppe Tiragallo), gestore unico
dell’agenzia Tirrenia.
I due
governavano il servizio dei vaporetti Gallura e Capo Sandalo,
bisnonni degli attuali traghetti.
Alle quattro e mezza del
mattino Tano era lì; durante il giorno, era lì; a tarda sera,
sempre lì. Viene da dubitare se egli andasse a mangiare e a
dormire a casa.
Ci andava, sì, pedalando con assoluta calma,
sulla minibici ‘graziella’, fedele compagna di infiniti
andirivieni tra via Bruno Danero e piazza Carlo Emanuele,
attraverso via don Segni (già via Pastorino). Questa strada
era a senso unico, ma lui la percorreva contromano; non per
trasgressione, ma per il bene pubblico.
Infatti, se Tano non
avesse staccato i biglietti, i passeggeri non potevano
imbarcarsi; il traghetto non partiva; la Tirrenia non
incassava i soldi mano per pagare l’ormeggiatore (figuriamoci
l’equipaggio); gli operai di Portovesme non raggiungevano il
posto di lavoro, col pericolo di fermare la produzione del
polo industriale. Guarda un pò che sconquasso, se Tano non
attraversava
u caruggiu di morti contromano, al
rallentatore, sulla gloriosa minibicicletta.
Dopo la
partenza del primo traghetto, Tano svolgeva quotidianamente un
dovere familiare: prima dell’alba, andava a svegliare la
vecchia Mariannica (madre longeva fino a novantasei anni). La
sera prima, al tramonto, la rinchiudeva in casa dall’esterno.
Al mattino, la trovava già davanti alla porta, col rosario in
mano, pronta per andare alla prima messa (anche i preti,
allora, erano più mattinieri).
Il periodo
estivo, Tano ricopriva un altro incarico di fiducia: bagnino
della colonia della POA (Pontificia pera di Assistenza), in
regione Giunco.
Era
diligente nel sorvegliare i bambini, ossequioso con le suore,
galante con le signorine assistenti.
Queste,
per decreto pontificio, non potevano fare il bagno durante il
servizio.
Unica scappatoia: la complicità del bagnino.
Scena:
dopopranzo, durante la mezz’ora di riposo, le assistenti si
avventuravano nell’acqua torbida del canale dei muggini; Tano,
seduto a riva, con un occhio guardava (e riguardava) le
sirenette dentro un mutandone di costume; con l’altro occhio
guardava se compariva suor Maria (direttrice).
Nel qual caso,
un fischio; e le sirenette, come tante lippe, sparivano
derè ai custi di giunco.
Tano, la
galanteria, l’aveva nel sangue: da giovane fu brillante attore
nel teatro di
Ninettu du gattussu (Ninetto Rivano);
ruolo principale: figlio del Bey di Tunisi e simili.
Insomma,
Tano è stato veramente una persona polivalente.
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