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Gente di caruggi -
Ciondolo
(Luigi Comparetti)
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Mai
puverbiu fu più azzeccato. Gli stava proprio a pennello.
Si potrebbe pensare che Luigi sia stato scolpito da chissà
quale folletto. Eppure, nella carta d’identità popolare, aveva
un connotato speciale: era nipote
du figgiu du Segnù.
Questo nome
d’arte viene da una storia un po’ patetica. Il bisnonno
materno, Giovanni Romano, nacque nella prima metàdel 1800.
Morì ancora in tenerissima età, di pochi mesi. Mentre si
svolgeva il funeralino, una giovane puerpera si avvicina a
quel batuffolo di carne rosea ed esclama:”Oh, u l’è in figiö piccin! Fémmau vedde!”.
Così dicendo, compie un gesto che solo una mamma tenerissima
poteva fare: si slaccia il seno,
avvicina il capezzolo alle labbra del piccolo e gli strizza
alcune gocce di latte.
Il piccolo, al contatto del biberon naturale,
apre gli occhi e comincia a succhiare con avidità dal seno
della donna.
Qualcuno
gridò al miracolo. Ma, evidentemente, si trattava di una morte
apparente. Sorrisi e lacrime dei presenti si fusero insieme.
Il commento più bello è stato:
“Oh, u l’à u Segnù”.
Non è una favola. È una storia vera. “U Segnù” fu il nome d’arte
di Giovannino; che visse tanto da mettere su famiglia. E,
quando si voleva indicare un suo figlio, si diceva
“u l’è
figgiu du Segnù”.
Il nostro
Ciondolo, dunque, vanta una discendenza più che nobile: non è
da tutti essere pronipoti
du figgiu du Segnù. Purtroppo
con lui la natura è stata più matrigna che madre: il piccolo
Luigi non potè frequentare le scuole, a causa di un’asma
cronica, che lo costringeva a stare sempre rinchiuso in casa.
Oggi il diritto allo studio gli avrebbe concesso non solo la
frequenza, ma anche un maestro personalizzato, detto
insegnante di sostegno.
Ma
Ciondolo,
aspertu cum’u l’éa,
si organizza la giornata: nasce in lui la passione per
l’ascolto della musica.
Si fa una cultura e un’esperienza
non comune nelle attrezzature audio che il mercato offriva in
quei tempi (siamo negli anni ’50).
Ciondolo
fu il primo dj del popolo danzante carolino. Quando si ballava
al Cavallera con la coccarda o la cartella (gettone d’ingresso
al recinto di ballo delimitato da un cordone), lui era l’anima
delle musiche.
Se qualche
ballerino voleva offrire alla gentile damigella qualcosa di
appassionato, bastava rivolgersi a Luigi:
“o Ciondolo,
metta ‘n pò quellu vôrsu...” e tutta la sala ondeggiava
nei volteggi.
Da dj al
biliardino il passo fu breve. Anche qui Luigi è stato
pioniere. Ha importato il primo calciobalilla, di cui divenne
insuperabile giocatore. E ha pestato tutti i temerari che
osavano misurarsi con lui. In questa veste, per tanti anni,
sarà il fedele responsabile dei giochi nell’Oratorio
parrocchiale (allora, si chiamava “sede”).
Spesso si
invocava il suo intervento in un’aula:
“Ciondolo, fanno
casba!”
(per dire: Ciondolo, i ragazzi si azzuffano; cosa
normalissima fra i ragazzi dell’oratorio).
Intanto la
salute non lo accompagnava. Negli anni ’60, Luigi deve
lasciare Carloforte e cercarsi un habitat più confacente al
suo stato asmatico. Va bene la Svizzera. Là c’è freddo, ma non
umido come nell’Isola.
Per non
stare in ozio (e per mangiare!) trova lavoro: confeziona
scatole di ottimo cioccolato nella ditta Lindt. La sera,
quando rientra dal lavoro, si dedica al suo vecchio amore:
armeggia tra i dischi, strumenti musicali, poi anche
videocamere. La sua raccolta è degna di un repertorio della
Rai.
Ormai, per
la salute cagionevole, ritorna sempre meno frequentemente
nella sua Carloforte.
Quando
viene, sta in casa solo per mangiare e dormire. Ama
trascorrere il tempo fuori, a stringere la mano agli amici;
che sono tanti.
Un Ciondolo
così, non si può dimenticare.
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