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Gente di caruggi -
Balanìn
(Battista Borghero)
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Per
chi lo praticava con familiarità,
Balanin, appariva un
antenato del fotoreporter: gli piaceva
spigulò sugli
avvenimenti, non per semplice curiosità, ma per
saperne di
più
(anticipando una trasmissione televisiva di qualche
tempo fa). Forse questa disposizione gli proveniva
dall’attività di giardiniere eccezionale. Lo era stato per
diversi anni nella società Carbosarda. Poi coltivò la passione
da pensionato.
Tutti i
giorni si recava nel giardino di Spalmadoreddu, in compagnia
di Lilly, inseparabile cagnetta a cui mancava solo la parola
(per il proprietario, ogni cagnolino vanta questa
prerogativa). Un giorno d’estate, un amico sacerdote lo
raggiunse in vespa, mentre usciva dal giardino per andare a
pranzo. Gli offrì un passaggio e lo imbarcò con Lilly; e via,
un pò di fretta. Balanin gli batté sulla spalla dicendo:
Uhé, vagni cianìn; tantu, se muimu, u l’è in vutu de menu pe tütti duì
(lui, bravo socialista, era convinto che tutti i preti
votassero DC; cosa da dimostrare).
Balanin era
pure un provetto pasticciere, abile a preparare il
gattò
monumentale, immancabile in ogni matrimonio (allora) e anche
nelle
dumande (fidanzamenti).
Lo zucchero
arrivava a sacchi, col “Centoscudi”. Durante una traversata
sotto la pioggia, lo zucchero rimase danneggiato dall’acqua.
Battistin aveva preparato un bellissimo
gattò
(si
sposava la figlia di un amico), a grattacielo. Durante la
notte, dalla stanza accanto, i figlioli ogni tanto sentivano
un piccolo tonfo. Al mattino la spiegazione: il
gattò
si era disfatto, pezzo dopo pezzo, per lo scioglimento dello
zucchero. Ma il matrimonio non si è sciolto.
Balanin
esprimeva la sua arte decorativa anche addobbando gli altari,
all’incrocio dei caruggi, per la solenne processione
du
giurnu du Segnun (Corpus Domini).
È noto che,
pur in mancanza di neve, anche a Carloforte si possono
organizzare settimane bianche:
in ta vigna
si può trascorrere alcuni giorni in santa
pace.
Così
decidono
Gigin du barattu,
Tavino e
Tugnin cappoccia,
alla fine della stagione turistica, per un meritato periodo di
relax. Ben equipaggiati , si incamminano per vie traverse, per
evitare qualche sguardo indiscreto. Stivano le
cuffe dell’azenin, come se
andassero in ferie per un mese in alta montagna. Da piazza
Pegli si immettono in via Venezia e camminano guardinghi, ma
convinti di riuscire nell’impresa.
D-au purtò
(guarda caso) c’era Balanin, arrampicato sui ponti,
a dô u giuancu in ta facciada d-a Seconda du Petrin da morsci.
Il quale,
non visto, come i tre passano vicino, commenta:
oh, oh, a fuga in Egitto!
L’espressione
a nu l’è càita in terra; e
ha fatto il giro del paese. I tre turisti fai-da-te non
rispondono alla provocazione; ma hanno l’impressione che gli
abbiano messo e
scubbe a bagnu;
e, in cima alla ripa
da Rumbu, l’asinello si affloscia
sotto il basto. Malocchio o caso?. Caso. Puro caso.
E l’episodio
del regalo? È un’altra chicca, che merita di essere ricordata.
Alla Mutua la stagione danzante
a l’ea anneta ben. Beppin Bracci era sarto in via Roma e
cassiere nei veglioni della Mutua; che, nell’ambiente
controllato da don Pagani, erano quasi liturgici, tanto che vi
partecipavano
u Rinaldo (organista) e
u Paulin (secrestan);
e don Pagani
u g’aiva tempu a scullose.
A carnevale
finito, visto il buon esito, gli amici (Tugnin, Manuelin du
Ciccin
e soci) decisero di fare un pensierino
au Beppin;
e acquistarono un orologio (di marca, si capisce) da Angelo
Boccone, orefice attento ai fatti
de insci-a ciassa. E andarono a consegnare il presente
a Beppin
in t’a büttega
di via Roma; naturalmente, senza che nessuno avesse sentore della
cosa, nemmeno l’aria.
Dopo la
breve cerimonia, semplice ma sentita, si fermarono a
commentare il buon risultato dei balli. Passano cinque minuti,
tauchì u Balanin. Gli amici si scambiarono un
velocissimo, ma eloquente sguardo. Balanin si fece avanti e
chiese senza preamboli:
Beppin, te piaxûu u relêuiu?
Una doccia fredda, d’inverno, non
sarebbe stata più fredda per gli amici.
Eh
– dice uno –
chì han parlau i parastaggi!
Questi
simpatici personaggi erano di diversa estrazione sociale e di
diverse (allora, opposte) convinzioni politiche. Ma, che
importa? Erano buoni amici. E tanto bastava loro per
ritrovarsi in momenti di piccola vita paesana, ma di grande
valore umano. È una fetta di patrimonio che hanno lasciato.
Sarebbe bene non disperderlo.
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