> Mi ricordo di ...
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Gente di caruggi -
Cagadetta
(Angelo Rosso)
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In fondo alla via Goito c’è
la
piazzetta Martiri della Libertà, così intitolata a ricordo
dell’invasione russa in Ungheria. Fino agli anni ’60 era conosciuta più
semplicemente col nome popolare:
a ciassa du Cagadetta!
Perché,
all’angolo con la via Marchese di Rivarolo, c’era il negozio
di generi vari di Angelo Rosso, in arte
Angiulin Cagadetta,
padrino (in buon senso) del rione.
In t’a büttega,
da mes’au bancu, ci stava la moglie Angiulinetta; perché il marito aveva
altri impegni: due parole in piazza con i tanti amici, il
caffè
da-u Gigin, la partitina quotidiana a poker.
Però, prima
di uscire, dava uno sguardo, perché tutto fosse in ordine.
Vicino alla porta c’era un sacco di fagioli, che i clienti non
volevano acquistare; dicevano:
‘sti faxêu nu chêuxan!
Angiulin che fa? Divide i fagioli: me mette la metà in un
sacco diverso e aumenta il prezzo. Effetto garantito: in
pochissimo tempo, fagioli tutti venduti.
U Cagadetta
era malato, molto malato (un pò immaginario). Consultava a
turno i medici del paese, perché si sentiva addosso tutte le
malattie allora sulla piazza.
Per questo, in casa aveva una mini-farmacia con un’infinità di
medicine, che assumeva con la massima convinzione.
Quando i fastidi erano (secondo lui) più acuti, apriva
l’armadietto e afferrava
abbrettiu la
prima boccetta che capitava, compresa la medicina della moglie
in menopausa (in quei momenti,
l’è tüttu bun).
Per andare
in negozio, passava necessariamente in via Goito; e, ogni
tanto, entrava a far visita all’amico don Mario. Se questi
appariva un pò in tono minore (cosa non molto rara), Angiulin
se ne accorgeva subito. E sornione, gli chiedeva:
Cusse
t’è? (allora ai preti, si dava del tu solo parlando in
dialetto).
-
Ho un
dolorino qui
– rispondeva
il parroco, toccandosi la spalla.
-
Nu staggh’a pensò... Nu l’è ninte!... Gnampu e me mautie... - faceva Cagadetta; e ne elencava dieci sulle dita delle mani; se
avesse avuto più di due mani, l’elenco sarebbe arrivato fino a
cento, perchè tante erano le malattie che diceva di avere. Don
Mario sorrideva; e, in quei pochi minuti, si sentiva sano come
un pesce.
Talvolta,
invece, don Mario lo mandava a chiamare per chiedergli di
intervenire a favore dell’uno o dell’altro, in nome
dell’amicizia personale:
-
Angiulin,
quando viene il brigadiere della finanza?
-
Perché?...
T’è d’aggiüttò quarche comunista, neh?... Côssu nesciu... Chi
t’au fa fò?...
Questa
espressione di familiarità rivela il rapporto che legava
Angiulin a don Mario e l’amore del parroco verso i
carlofortini, tutti, senza distinzione alcuna.
U Cagadetta
aveva quello che si chiama
in bellu carattere, che lo
rendeva simpatico e lo aiutava a convivere serenamente con le
difficoltà di ogni giorno. Nelle discussioni con gli amici, se
il discorso diventava troppo serio e impegnato, Angiulin
concludeva con una battuta che suscitava una risata e
dissipava ogni eventuale malinteso.
Il senso
dell’humor faceva di Cagadetta il re degli incontri con gli
amici. Se non c’era non si poteva cominciare. E andavano a
prelevarlo espressamente in casa:
O Angiulin, annemu. Se nu ti ghe vegni ti, da-u Gigin nu ghe vegne niscün.
Solo così si
poteva dare inizio alla partita di biliardo.
Di fronte al
bar c’era la sede M.S.I. (Movimento Sociale Italiano). Per i
furesti
la Fiamma Tricolore sulla porta rievocava solo i nefasti del
ventennio fascista; e, in un’estate degli anni ’80, un gruppo
di giovani villeggianti, autodefiniti maoisti,
avevano
tentato di incendiare il locale. Prova evidente che
‘nu ean d-i nostri. Non sapevano, dunque, che la sede
del MSI ospitava l’innocente club degli appassionati pokeristi
nostrani, di cui Angiulin
Cagadetta era l’asso nella manica.
Più che vincere, gli interessava trascorrere qualche ora
insieme, tra amici, di diversa età e di diverso colore
politico.
Il quartetto
era così composto:
Cagadetta, Aldo, u Antonello (Mercalli)
e
Tugnin (maresciallo Baghino). In assenza di Aldo, i
tre facevano una terziglia (gioco del tresette in tre). Tugnin
e Cagadetta giocavano a chi barava di più; Antonello si
sentiva come un povero cristo tra due ladroni.
Angiulin,
all’abilità del gioco, aggiungeva la simpatia e l’originalità
del modo di dire e di fare. Quando la carta desiderata tardava
a comparire, evocava lo spirito di Alì Babà, modificando
leggermente la sua parola magica; e diceva:
Apriti, sedano.
Nessuno seppe mai quale fluido magnetico intercorresse tra il
sesamo di Alì Babà e il sedano di Cagadetta (forse l’unico
legame era nel fatto che lui vendeva gli ortaggi), però
l’artificio funzionava; e Angiulin si trovava il
tris
in mano.
Il negozio
d-a ciassetta non lo ha arricchito più di quanto egli
abbia dato a chi lo avvicinava: un sorriso e una parola amica.
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