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Gente di caruggi  -  Bastian

(Sebastiano Leone)

 

 

 

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La differenza tra un medico foresto (proveniente d’oltre canale) e un medico carlofortino doc, sta tutta qui: l’immigrato si chiama col cognome preceduto dal titolo; il carlofortino si chiama solo per nome, spesso col diminutivo.

Così il medico Giovanni Giribaldi era dottor Giribaldi; il medico Sebastiano Leone era u Bastian, e basta. E poco importa se il nome è pronunciato da un adulto, più o meno coetaneo del medico, o da un minore.

Perché il medico di famiglia, a Carloforte, è proprio uno di famiglia. Dunque ci si può rivolgere con tono di confidenza; che, però, non toglie la riverenza.

Dottor Leone rimane il medico della grande famiglia carolina, perché è stato ufficiale sanitario del Comune per trentasei anni (1937-73); oltre ad essere il medico di fiducia di infiniti pazienti.

 

I bambini di sessant’anni fa avevano un pò di terrore, entrando nel suo ambulatorio, in via Solferino, poiché lì dentro dovevano sottoporsi al vaccino.

U Bastian stava seduto. Come entravi, ti guardava da sopra le lenti a mezza luna. Aveva in mano un orribile pennino nero; fregava velocemente un pò d’alcool sul braccio; e ...zac, apriva una riga orizzontale sulla carne.

  -  Non toccarlo!... e non ti grattare!... Avanti un altro.

E così in serie, per centinaia di bambini.

Adesso il vaccino è una zolletta di zucchero (quasi quasi, mi dispiace di esser nato prima).

 

U Bastian ha tante chicche della sua lunga professione, che potrebbe sceneggiare una telenovela a puntate.

L’esperienza gli consentiva di fare diagnosi, senza lasciare dubbi sul paziente; anche se non premetteva la visita ambulatoriale. Ecco Angelo che, da qualche giorno, accusava un ingrossamento sospetto all’intestino. Consultò un medico amico che gli prescrisse una medicina per una settimana. Ma il fastidio era rimasto. Incontrò il dottor Leone:

  -  O Bastian, mi me sentu ‘na cosa chi...

  -  Fa ’n po’ vede...

Seguì la diagnosi in tempo reale.

  -  ...vagni in ca’: u l’è ‘n galüsciu!

La cura di Paulin C. fu ancora più realistica. Essendo un paziente complicato, si rese necessario un consulto. U Bastian incontrò il collega Mercalli, allora emergente, e lo invitò:

  -  O Antonello, vegni cun mi, pe’ piaxai... ti me dè ‘na man, pe’n côsciu diffisile.

Insieme si recarono in casa dell’ammalato. U Bastian invitò i parenti a uscire dalla camera. Poi disse al collega:

  -  Antonello, agguantàu de gaibu.

Quindi sferrò due ceffoni sonori al paziente allibito. E fu così che Paulin si sentì quasi guarito (con una dose più forte sarebbe guarito all’istante).

 

Ma almeno una volta, né la scienza né l’esperienza sono bastate a spiegare un fenomeno. Lo racconta il medico stesso, in Faville di vita professionale, da cui stralciamo:

«Di buon mattino venni chiamato al capezzale di un amico affetto da cardiopatia. Feci del mio meglio (...) inutilmente. Il poveretto esalò l’ultimo respiro. I familiari espressero il desiderio di trasportare il cadavere in una camera adiacente (...) Ofrii volentieri la mia opera (...) In due lo sollevammo faticosamente; (...) dal corpo inerte del povero partì, improvviso e inatteso, un sonoro peto (...) Uscii da quella casa soprappensiero: per quanto mi rendessi conto della natura fisiologica, ma poco frequente, del caso, mi allettava il pensiero, molto fantasioso quanto seducente, che il buon amico morto, di carattere faceto, avesse voluto esprimere, post mortem, il suo più spregevole estremo saluto alle iniquità, alla vanità, alle storture, alle violenze del mondo in cui tutti viviamo».

Potrebbe essere; non si finisce mai di imparare, nella vita.

 

Dottor Bastiano è stato medico-amico di don Pagani e di don Mario. Quest’ultimo era ricoverato a Roma, ormai in fase terminale. U Bastian andò a trovarlo, con altri amici, affrontando un viaggio disagevole in pieno inverno. Avanti alla camera c’era un guardiano (un frate) che voleva impedire la visita per ordine del professore. Dottor Leone prima si presentò al professore; poi, con una manata arrunsò il guardiano-frate; ed entrò nella camera di don Mario. Il quale, gli tese le braccia, dicendo: Dottore, la stavo aspettando.

Don Mario non guarì. Ma quella visita, certamente, gli diede più sollievo che una flebo.

 

 

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Testi estratti da "GENTE DI CARRUGGI" e da "GENTE DI CARUGGI 2" entrambi di Daniele Agus

Alcune immagini sono prelevate da "CARLOFORTE, ISOLA DI SAN PIETRO" di Antonio Torchia

 

 

 

 

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