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La Foca monaca

  

 

Tra i pochi mammiferi che abitano l’ambiente litorale marino, la Foca monaca è senza dubbio il più caratteristico e interessante. Tutte le foche in genere non sono esclusivamente acquatiche in quanto si recano sulla terra ferma per riposare e per riprodursi; allo stesso tempo non si allontanano troppo dalla costa perché lì trovano l’ambiente per la loro alimentazione, costituita da grossi molluschi (polpi, seppie), pesci e crostacei che cacciano con abilità e sorprendente rapidità.

 

Per questo motivo la foca si adatta perfettamente alla vita acquatica adottando una forma idrodinamica evidenziata dal corpo fusiforme, dal padiglione auricolare quasi assente, dagli arti tozzi trasformati in pinne, dalla coda piatta e breve per funzionare come un timone. La pelliccia, di un colore grigio scuro con chiazze  bianche ventrali (da cui il nome), copre uno strato spesso di adipe, la bocca si apre in un muso corto fornito di lunghe e sensibili vibrisse e contiene una dentatura tipica dei predatori.

 

Le femmine partoriscono dopo una gestazione di 11 mesi, un solo piccolo che pesa 15/20 kg. Il cucciolo è allattato all’asciutto per sei settimane con il latte materno ricco e nutriente che gli consente di crescere rapidamente; infatti dopo due settimane è capace di nuotare assieme alla madre esplorando l’ambiente e imparando la tecnica di caccia.

Da adulto può raggiungere la lunghezza di 3 metri e superare i 300 kg di peso. Ha un’ottima capacità natatoria: può immergersi sino a 30/40 metri di profondità e rimanere sott’acqua per cinque minuti. Per la sua indole la Foca monaca mediterranea ama crogiolarsi al sole, sulla sabbia o sugli scogli, prediligendo però grotte profonde e sicure quando giunge il tempo della riproduzione.

 

Da quando la sua sopravvivenza è stata messa in serio pericolo dall’uomo è quasi completamente scomparsa da tutte le coste mediterranee e in particolare dalle coste sarde.

Il suo declino è avvenuto in concomitanza con l’aumentata antropizzazione dei litorali, anche di quelle località più scoscese e recondite prima irraggiungibili che, per lo sviluppo della nautica da diporto, sono diventate accessibili a un numero sempre maggiore di imbarcazioni, tanto da alterare in maniera irreversibile l’habitat, in modi incompatibili con le abitudini schive e riservate dell’animale.

Ma già prima, incolpata di danneggiare la pesca costiera, era stata oggetto di caccia indiscriminata da parte dei pescatori che avevano cominciato il suo sterminio, riducendone drasticamente il numero.

 

Negli ultimi decenni sono stati approvati diversi progetti per tentare di salvare questo straordinario mammifero, ma i risultati non si sono dimostrati altrettanto concreti. La sensibilizzazione dell’opinione pubblica, degli stessi pescatori, l’introduzione dell’educazione ambientale nelle scuole, l’azione delle autorità marittime, il comportamento meno aggressivo del turismo, possono evitare la definitiva scomparsa della Foca monaca o, come da molte parti è accaduto, avere di essa solo il ricordo del toponimo della località costiera che un tempo la ospitava, così come sull'isola di San Pietro.

 

 

 

 

 

Testi estratti da "L'AMBIENTE MARINO E COSTIERO DELL'ISOLA DI SAN PIETRO" di Luigi Pellerano

 

 

 

 

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