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Dolci, vini e liquori
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I dolci
della tradizione tabarkina sono un trionfo di sapori semplici
e genuini.
Le
principali specialità venivano preparate principalmente in
occasione delle principali festività religiose. A Natale sono
molto diffusi i
canestrelli,
dolcetti di pasta frolla rivestiti di cappa bianca. Sempre di
pasta frolla, e sempre per Natale, sono le
fantine,
destinate e raffiguranti i bambini, con l’intento di celebrare
la nascita di Cristo. In occasione della Pasqua,
si consumano i
cavagnetti, dolci a
forma di cestello, nel quale vengono riposte anche uova, come
augurio di prosperità e di pace.
Fino
a non molto tempo fa, quando il benessere non aveva offerto a
tutti la possibilità di un forno elettrico in casa, le donne,
dopo aver
impastato e creato questi dolci, si riunivano nel forno
rionale per la cottura: era una festa di teglie colme di dolci
attorniate da bambini in attesa: un momento di incontro e
socialità che le diverse abitudini hanno modificato, portando
a sostituire questi dolci con un impersonale panettone.
Altre preparazioni tipiche
sono i
panetti (con fichi
secchi, mostarda e uvetta zibibbo), i
giggeri (di pasta fritta e
caramellata nello zucchero), gli originali
gateau
(con l’impasto di zucchero e mandorle tritate a cui si da la
forma di case e castelli),
gli speciali
boccon di
dama (noci di pasta di mandorla e zucchero avvolti
in carta velina colorata), le diffusissime
zeppole, o ancora le
meraviglie e le
chiacchere.
Un accenno
meritano anche il
ratafian,
un vino liquoroso ottenuto da mosto, alcool e zucchero e la
mesculansa, una miscela di
uve dolci. Purtroppo questi prodotti non sono molto diffusi e
solitamente sono consumati in ambito strettamente privato.
Diffusissimo è anche il
limoncello,
un liquore preparato con i superbi limoni locali,
e il
mirto, altro liquore
ricavato dall’omonimo arbusto sempreverde caratteristico di
queste terre.
Il mirto
come specie vegetale era, nell’ambito della mitologia
classica, il simbolo dell’amore e della bellezza
(nell’iconografia classica lo vediamo adagiato sulle chiome di
Venere) e godette di una larghissima fama presso Greci e
Romani, che lo impiegavano anche come farmaco. Ed è alle
bacche che esso produce, dal particolarissimo colore blu
intenso, che si ricava il pregiato e ottimo liquore.
L’arte
della preparazione di questa bevanda è ancora artigianale, se
non altro perché la raccolta delle bacche può essere
effettuata
solo a mano, dato che macchinari in grado di
sostituire l’opera dell’uomo non ne esistono. Le operazioni di
raccolta, pulizia e lavorazione avvengono secondo procedimenti
specifici, all’insegna di un meticoloso rispetto sia del
frutto che delle piante.
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