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La Cernia e il Paguro

  

 

La Cernia, il grande predatore della scogliera sommersa

Le Cernie sono grossi pesci ampiamente diffusi nei mari temperati e quindi nel Mediterraneo, soprattutto lungo le coste tirreniche e nel mar di Sardegna.

Sono caratterizzate da una notevole mole, una grossa bocca protrattile armata di aguzzi denti conici e robusti, pinna dorsale unica fornita di raggi spinosi; la pelle è ricoperta di piccole squame fortemente aderenti al corpo.

 

Vivono nelle zone di scogliera sommersa e possono raggiungere anche una profondità di 500 m dove il fondale è tale da offrire loro fenditure, anfratti, tane in cui rifugiarsi nel momento del pericolo o in attesa del passaggio delle prede. Si nutrono prevalentemente di pesci, molluschi e crostacei che catturano con rapidi e agili movimenti che consentono loro di cambiare repentinamente direzione.

 

Nel Mediterraneo si contano ben cinque specie di Cernie: la Cernia di fondale, la Cernia rossa, la Cernia bianca, la Cernia dorata e la Cernia bruna.

Tutti questi straordinari animali hanno subito nell’ultimo trentennio una continua ed accanita pesca da parte di pescatori professionisti e non, che hanno fatto diminuire la presenza nei nostri mari sia della Cernia di fondale che della Cernia bruna.

Quest’ultima è forse la specie più nota e la più frequente: al bel colore bruno del dorso fa contrasto il giallo dorato del ventre su cui spiccano numerose bande verticali più scure; può raggiungere il peso di 50 kg e la lunghezza di un metro. Questo straordinario animale poteva essere avvistato, prima della spietata caccia a cui è stato fatto oggetto, vicino alla costa a profondità medie, poiché i sistemi di pesca tradizionali (reti, nasse, ecc) lo lasciavano quasi indenne. L’avvento della pesca subacquea, con l’ausilio delle bombole, ha permesso di attaccare l’animale anche all’interno delle tane, determinando la rarefazione della sua presenza lungo le coste delle nostre isole.

 

Da qualche anno la Cernia bruna, assieme alla Tartaruga marina e al Gabbiano corso, è stata scelta come uno dei simboli della campagna di protezione Il mare deve vivere. Le immagini di questi animali sono stati impressi in una celebre serie filatelica emessa dalle Poste Italiane nel 1978 per ricordare la fauna marina in via di estinzione e invitare tutti: sportivi,autorità, legislatori, alla ricerca di soluzioni idonee alla salvaguardia di questi straordinari abitanti dell’Ambiente marino.

 

 

La strana vita del Paguro

Con questa denominazione si è soliti riunire con una semplice classificazione un certo numero di crostacei, per i quali è necessario, a causa della struttura molle e delicata del corpo, cercare qualche forma di difesa per proteggersi e riuscire indenni da tutte le insidie portate dai predatori. Il Paguro ha escogitato il sistema di occupare nicchi vuoti, rigidi e robusti di gasteropodi che individua nel suo habitat. E’ chiaro che la casa dovrà essere ciclicamente cambiata in base alla crescita dell’individuo che, sino a raggiungere lo sviluppo definitivo, dovrà sempre cercare nuove abitazioni.

 

Lungo i litorali, a pochi metri di profondità o anche nelle pozze di scogliera, è facile incontrare questi strani animaletti all’interno delle più disparate conchiglie: essi scorrono veloci e si immobilizzano, rientrando nel guscio, non appena avvertono un qualsiasi pericolo.

Talvolta la conchiglia si ricopre di una Spugna o di un Anemone di mare; in questo caso, abbastanza frequente, avviene quel fenomeno di associazione tra diverse forme viventi che va sotto il nome di Simbiosi Mutualistica. Entrambi gli individui ottengono un vantaggio comune: infatti il Paguro, oltre ad essere protetto dalla sua conchiglia rigida, è ben mimetizzato e protetto dalla Spugna  dall’Attinia che a loro volta, essendo animali sessili e privi di movimenti di locomozione, possono essere portati “a spasso” dal Paguro su cui si sono sistemati.

 

 

La serie filatelica del 1978 'Il mare deve vivere'
 

 

 

Testi e immagine filatelica estratti da "L'AMBIENTE MARINO E COSTIERO DELL'ISOLA DI SAN PIETRO" di Luigi Pellerano

 

 

 

 

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