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La Tartaruga di mare
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Tra gli animali terrestri, che nel corso
dell’evoluzione attraverso le ere geologiche, si sono
adattati a vivere nell’ambiente marino con risultati
sorprendentemente positivi, ci sono senza dubbio le
Tartarughe marine.
Sono queste rettili marini a tutti gli effetti;
conducono infatti tutta la loro esistenza nel mare da dove
si allontanano solo per depositare le uova su
spiagge tranquille e solitarie.
Il loro adattamento alla vita marina è evidente
nella struttura anatomica modellatasi nel corso di milioni
di anni con una serie di mutamenti tali da raggiungere una
perfezionata linea idrodinamica.
Lo scudo dorsale o carapace è leggermente convesso e
perfettamente liscio così come il robusto piastrone
ventrale. Le zampe anteriori si sono trasformate in
larghe spatole che, come piccoli remi, imprimono un
flessuoso e agile movimento locomotore all’animale. Le
zampe posteriori sono corte e tozze e assolvono la
funzione timoniera.
Nel Mediterraneo, intorno alle coste sarde e in
prossimità delle piccole isole, con sempre minore
frequenza è possibile incontrare alcuni di questi splendidi
esemplari: la Tartaruga caretta,
la Tartaruga verde e più
raramente la Tartaruga liuto. La più nota è senza dubbio la prima ed è
anche la più tipica rappresentante della fauna marina
mediterranea. Può raggiungere la lunghezza di
un metro e un
peso variabile da cento a quattrocento kg.
E’ una specie solitaria; si avvicina spesso alla costa
perché alla sua dieta alimentare, prevalentemente
costituita da crostacei, molluschi ed altri invertebrati,
aggiunge le alghe dei fondali rocciosi. Resta la maggior
parte del tempo sotto la superficie dell’acqua, ma quando
sale in superficie per respirare, se il mare è
tranquillo e non avverte pericoli, rimane volentieri
quasi immobile a lasciarsi trascinare dalla corrente.
La riproduzione avviene ogni due-tre anni ed è
questo il periodo in cui comincia il lungo
percorso
migratorio che porta le tartarughe, nel mese di giugno,
a raggiungere le spiagge originarie sulla cui sabbia
saliranno le femmine per depositare e covare le uova.
Uscite dalle uova, un centinaio, che si schiudono
dopo circa due mesi, le piccole goffe tartarughine cercano,
guidate da un istinto ereditario, di raggiungere
rapidamente il bagnasciuga per immergersi nel mare. E’
questo il momento durante il quale subiscono la prima e più
cruenta selezione da parte dei predatori che
puntualmente e per una misteriosa coincidenza sono presenti
in quel fatidico momento: gli uccelli prima e i predatori
marini poi, riducono al cinque per mille il numero
dei nati.
Trascorsi i primi mesi di vita, le tartarughine
sopravvissute diventano immuni agli attacchi dei
predatori naturali e si sistemano all’apice della
catena alimentare marina.
Ai predatori naturali purtroppo si è
sostituito, negli ultimi decenni, l’uomo con le sue
molteplici attività che sviluppa lungo la fascia costiera:
l’antropizzazione intensiva dei litorali, la pesca,
l’inquinamento, l’assurda e anacronistica predazione delle
uova, hanno cancellato quasi tutti i siti adatti alla
nidificazione della Tartaruga marina sulle coste del
Mediterraneo.
Il sensibile rischio di estinguere questa specie marina è
stato avvertito da più parti, giustificando il grido
dall’allarme lanciato dal WWF, che con il progetto
“Salviamo
le Tartarughe marine”,
ha sollecitato il legislatore ad attuare norme di
salvaguardia e protezione, nonché quello di favorire la
nascita di zone protette in quei pochi luoghi di
riproduzione che ancora rimangono.
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