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Tradizioni estinte
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Fra le
tradizioni che la gente carolina ha ormai abbandonato da tempo
una particolarmente caratteristica era il
Sabato
Santo.
La
sentita
fede religiosa sollecitava la popolazione di Carloforte ad un’attività
particolare in preparazione alla festa del Natale e della
Pasqua. Durante questi periodi tutto un fervore di lavori
interessava la popolazione per cui si procedeva ad una
pulizia
generale della casa e dei mobili, al ripristino della
tinteggiatura dei muri interni, ed a volte esterni, con latte
di calce, al parziale o totale rinnovo dell’abbigliamento
personale, quando era possibile, con l’unico scopo di rendere
l’ambiente più accogliente per le festività religiose
accennate.
Una
particolare usanza era quella del Sabato Santo: uomini, donne,
bambini, giovani e anziani, senza distinzione di sorta, si
riunivano, la mattina, lungo il litorale, a ridosso
dell’abitato, ed entravano in acqua fino all’altezza del
ginocchio
(allora non esisteva banchina); indi, fatta una
ripetuta sciacquatina alle gambe durante la quale si
pronunciava la formula: «Vattene via, bruttù e spussù ch’ha da
resuscitò nostru Segnun», facevano ritorno a casa con la
convinzione di aver purgato anche il proprio corpo da ogni
forma di lordura che potesse essere in contrasto con la
preparazione necessaria per accogliere Gesù Risorto. Più tardi in
chiesa si celebrava il rito della Resurrezione di Gesù.
Un'altra
tradizione estinta era legata alla
festa patronale. Infatti, per i bambini di
Carloforte, fino agli inizi degli anni sessanta, con la Festa
di San Pietro finiva un "tormento", dato che dal giorno
successivo potevano finalmente iniziare a fare i
bagni in mare.
Prima di
quel giorno, infatti, era assolutamente vietato dalle loro
madri, probabilmente per l'antica credenza secondo cui,
durante la sua festività, il santo voleva il sacrificio di una
vittima annegata, tanto
che a Genova era in uso il proverbio
San Pé u ne vö ün pe lé
(San Pietro ne vuole uno per lui).
Malattie e rimedi d'altri tempi
Una malattia
chiamata gootaze (con la z
dolce) probabilmente gli orecchioni
o tonsillite che prendeva
la gola veniva curata col
grasso del pollo
(conservato con cura in una scodella, visto che all'epoca si
mangiava raramente), massaggiando
la zona interessata.
Un' altra
pratica usata era "il frettò"
cioè il massaggio che poteva essere su una slogatura,
contrattura, accavallamento dei nervi, torcicollo; tant'è vero
che un uomo affetto da quest'ultima patologia dopo aver
ricevuto il massaggio guarì e la massaggiatrice gli disse: "Le
ha scrosciato il collo".
Anche il
dolore ai reni veniva curato facendo sdraiare a terra
l'ammalato a pancia in giù e facendogli camminare sulla
schiena due fratelli gemelli.
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