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La storia di San Pietro fino alla colonizzazione

 

  

Un’ispezione attenta nella zona del Picco di Ravenna alle piccole grotte artificiali, ai cocci di ceramica, dimostra che questo territorio fu abitato in epoca prenuragica e nuragica come testimoniato dalle tracce di 5 Nuraghi la cui funzione doveva essere militare e sicuramente difensiva; di questi alcuni resti rimangono ancora del Nuraghe monotorre della altura della Laveria, e del Nuraghe di Bricco del Polpo.

 

L’isola di San Pietro era nota sin dall’antichità; i greci la denominarono Hieracon, i romani Accipitrum insula. Prima ancora fu approdo, senza dubbio, degli intrepidi navigatori fenicio-punici, che dopo essersi stanziati nella vicina Sulci (Sant’Antioco) sfruttarono le acque di San Pietro praticando la pesca del tonno e la raccolta del sale.

La presenza di traffici fenicio-punici è attestata dal ritrovamento, nei pressi dell’attuale Stazione Astronomica, di una cinta fortificata con grandi blocchi irregolari e dal tempio di Baal Shamain (Shamin, il Signore dei cieli) non ancora riportato alla luce cui si riferisce l’epigrafe della base lapidea trovata a Cagliari e conservata in quel Museo: ”Al Signore dei Cieli adorato nell’isola degli falchi”, che fa pensare all’esistenza di un luogo di culto, ad un santuario nel quale si recavano in pellegrinaggio le popolazioni limitrofe.

Sono inoltre state rinvenute anfore di vario tipo, alcune ripiene di monete di bronzo “che avevano sul diritto la testa femminile e sul rovescio un cavallo o una palma o entrambi e un carattere dell’alfabeto punico posto tra le zampe del cavallo” come racconta il Capitano di marina William Henry Smyth nella Relazione sull’Isola di Sardegna, pubblicata nel 1828.

 

Queste attività e la buona posizione per attracco e riposo durante i lunghi viaggi, trasformarono l’isola in un punto di sosta quasi obbligato per chi correva le rotte occidentali del Mediterraneo. Lo dimostrano i pozzi con altre vestigia ritrovati nella zona detta Fontane. Col declino della potenza punica (II secolo a.C.) la Sardegna diventerà dominio romano.

 

I romani continueranno a sfruttare il mare e le saline di San Pietro, lasciando testimonianze del loro insediamento in alcune tombe trovate in varie parti dell’isola. Di particolare interesse i resti di una stazione militare trovati in località Spalmatore. Gli scavi eseguiti da Francesco Crespi, inviato a Carloforte alla fine del 1800, portarono alla luce tombe, ceramiche, collane e una certa quantità di monete relative al tempo degli Antonini.

Con la caduta dell’impero romano, San Pietro dovette essere quasi completamente abbandonata, come del resto la maggior parte delle zone costiere, troppo esposte alle incursioni nemiche e ben poco difendibili.

Unica traccia di quel periodo le rovine della chiesetta dei Novelli Innocenti, eretta dal papa Gregorio IX per accogliervi le spoglie dei fanciulli periti in un naufragio, ritrovate sulle coste dell’isola, quando durante il XIII secolo si verificò quel fenomeno di fanatismo religioso che spinse molti credenti verso la Terra Santa. La piccola chiesa chiamata impropriamente di San Pietro fu rinnovata e ampliata dalla famiglia Porcile nel 1976 e aperta al culto nel mese di novembre dello stesso anno. Oltre alle spoglie degli Innocenti vi riposano i resti mortali dell’Ammiraglio Vittorio Porcile e della sua famiglia.

 

 

Nuraghe monotorre della altura della Laveria

Nuraghe del Bricco del Polpo

Epigrafe della base lapidea dedicata a Baal Shamain

 

 

 

 

Testi estratti da "CARLOFORTE e l'isola di San Pietro" di Luigi Pellerano

 

 

 

 

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