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Il "Pietro Padre"
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Il
“Pietro Padre” era un bellissimo bastimento
a vela, dotato di motore ausiliario, che negli anni precedenti
la Seconda Guerra Mondiale abbelliva il porto di Carloforte.
Nelle sue vicende affiora la vita avventurosa di un veliero e
dei suoi equipaggi.
Il
“Pietro Padre” giunse a Carloforte nel 1935, a circa dieci
anni dal varo nei cantieri di Capodistria dove il bastimento
venne realizzato per conto della "Satima", nota società
austriaca costruttrice di motori che aveva a Trieste uno
stabilimento di produzione (i propulsori costruiti da quella
casa equipaggiavano in quegli anni anche molte barche di
Carloforte). La nave venne disegnata seguendo le direttive
impartite dalla stessa "Satima";
le sue linee vennero progettate
in funzione delle caratteristiche del motore onde poterne
esaltare le prestazioni. Interamente in legno e dalla linea
molto elegante, il “Pietro Padre” era lungo più di 35 metri,
per 360 tonnellate di
portata; era munito di tre alberi armati
con
vele auriche (ogni albero portava una grossa randa).

Il
vascello non fece in tempo a dare fondo all’ancora nel porto
di Carloforte che, in ossequio ad una consuetudine tipicamente
carlofortina che non distingue tra persone e cose, venne
subito ribattezzato “Trài de špò” (Tre di spade)
per via dei
tre alberi di uguale altezza che si stagliavano dalla
coperta;
questi, infatti, muniti di
coffe, ricordavano con
straordinaria somiglianza quella figura delle carte da gioco
napoletane.
Del suo
acquisto si interessò Giuseppe Rombi, “Beppin du fanfarin”,
figlio e padre di Pietro, il quale, intravedendo la
possibilità di realizzare profitti con l’attività di
trasporto
marittimo, ritenne maturi i tempi per imprimere una svolta
alla sua attività di commerciante di tessuti. Egli stesso non
faceva mistero di essere un semplice “sartù”, un sarto, come
amava ripetere. Tuttavia, lo spiccato senso degli affari gli
suggerì l’idea di investire parte dei suoi capitali
nell’iniziativa armatoriale. Tra il prezzo di acquisto (85.000
lire) e le spese per alcune riparazioni, il suo costo totale,
comprensivo delle spese di ammodernamento, fu di 160.000 lire.
Si trattava di una cifra ragguardevole che lo stesso Pietro
Rombi non poteva affrontare con i soli suoi mezzi. Venne
costituita a tale scopo una società nella quale entrarono a
far parte lo stesso Giuseppe con i fratelli Carlo ed Angelo,
il cugino Attilio Rombi, Attilio Penco e Luigi Ventura, noto “Cinquelire”.
A regime, l’effettiva navigazione del “Pietro Padre” si riduceva a soli
quattro viaggi nell’arco di un mese: il restante periodo
veniva trascorso in banchina tra le operazioni di carico e
scarico (effettuate a mano, con il solo aiuto di un
piccolo bigo in dotazione alla nave) o nell’attesa di acquistare nuovi
contratti di nolo.

Era
arrivato il 1940. L’infiltrarsi delle voci sull’entrata in
guerra dell’Italia aveva provocato nel frattempo un forte
aumento dei noli per i trasporti marittimi. Pietro Rombi,
divento intanto responsabile dell’imbarcazione, intravide così
la possibilità di realizzare ottimi guadagni e pianificò un
sostanzioso numero di date e di scali; ma quella che doveva
essere una profittevole crociera d’affari, si rilevò in realtà
l’ultimo viaggio del “Pietro Padre”.
Erano i
giorni che precedevano l’ingresso dell’Italia in guerra e il
governo fascista aveva già dato inizio alla
requisizione del
naviglio mercantile; il “Pietro Padre” venne
militarizzato
immediatamente all’arrivo a Porto Torres, proprio mentre i
comunicati radio riferivano del telegramma trasmesso da Hitler
a Mussolini con il quale il dittatore tedesco si congratulava
con l’alleato italiano per l’ingresso al suo fianco nella
guerra contro gli anglo-francesi. Era il 10 giugno 1940.
Il
bastimento venne destinato a Napoli (e non a Cagliari o altro
porto sardo, come sperato) con compiti di
“vigilanza foranea”. Dal porto campano la
nave venne in seguito trasferita a Civitavecchia, poi in Libia
ed infine rientrò nuovamente a Napoli all’inizio del 1943, dove finì
tristemente i suoi giorni allorché i tedeschi, in ritirata
verso il Nord dell’Italia dopo l’armistizio,
la minarono
facendola saltare.
Del
“Pietro Padre” non rimane più nulla, se non alcune fotografie
che ne esaltano la bellezza, nella sua livrea bianca, e la
splendida linea. Rimane altresì il ricordo incancellabile di
chi la conobbe e con essa solcò il mare.
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