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La pesca del corallo: declino dell'attività
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Il
corallo carlofortino era costituito dalle qualità denominate
"color rosa", rarissimo ma di grande pregio, "colorito rosso
vivo" (mostra); qualità più scadenti erano denominate
"sottomostra",
"corpo di corallo",
"terraglio"
e "sbianchito
chiaro". Al suo acquisto erano interessati negozianti che
giungevano appositamente da Genova, Livorno, Napoli e Torre
del Greco.
La vendita si effettuava alla fine della stagione
di pesca, cioè nei mesi di ottobre e novembre, dopo che il
prodotto aveva subito a Carloforte, a cura degli stessi
pescatori, una prima pulitura sommaria, detta
"tenagliamento".
Non vi sono e non vi sono mai state infatti a Carloforte
iniziative per la lavorazione del corallo.
Il prodotto veniva acquistato
in casse, contenenti corallo di
qualità buona e di qualità inferiore. Secondo la
consuetudine in uso a Carloforte, non si comperava una cassa
se questa non avesse contenuto una certa quantità minima di
corallo di pregio.
Nel 1898 il corallo di Carloforte veniva venduto a 115 lire al
chilogrammo; la "mostra", qualità più pregiata, veniva
scambiata a 500 lire al chilogrammo.
Alla
crisi subita dal settore, a causa della concorrenza sui
mercati mediterranei del corallo proveniente dal Giappone e
degli avvenimenti bellici dei primi anni del ‘900, seguì una
ripresa, contenuta in limiti modesti. Un gruppo di immigrati
campani stabilitosi a Carloforte nel corso dell’800, continuò
a dedicarsi alla pesca, addestrandovi anche i
bambini in
tenera età.
Ma
intorno agli anni ’20 nessuno si avventurò più alla ricerca
del corallo. I motivi, più che nella carenza del prodotto (nel
1920 era stato pescato un tronco di eccezionali dimensioni
regalato alla chiesa di San Pietro), probabilmente vanno
ricercati nelle massacranti condizioni di lavoro e
nell’inadeguatezza delle imbarcazioni, indicate già nell’800
dal
prof. Parona come cause
frenanti dello sviluppo dell’attività di pesca.
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