L’economia
di Carloforte cominciò a ruotare attorno a quest’asse ed ogni
altra attività commerciale ed artigianale ne venne in gran
parte condizionata. I più avveduti, fiutando l’evolversi dei
tempi, compirono l’agognato salto di qualità divenendo di lì a
poco armatori, agenti, spedizionieri.
Sul filone minerario,
che divenne in breve tempo il più ricco per l’economia locale
e sul quale si gettarono in moltissimi, la varietà di guadagno
emerse chiara:
per i battellieri, lavoratori che vi
masticavano insieme sudore, polvere e speranze, si trattava
della sicurezza del domani, benché a scapito della propria
salute; per gli agenti ed impresari, incuranti delle
condizioni altrui, la corsa al guadagno facile fu più veloce
del rimorso per un’evidente sfruttamento di manodopera.
Ebbe così
inizio il grande slancio che farà di Carloforte, agli inizi
del ‘900, il secondo porto della Sardegna per numero di navi e
tonnellaggio di merci trasportate.
Il porto
della Città nell'isola di San Pietro divenne nell’arco di
pochissimi anni il naturale approdo del minerale estratto
dalle miniere in prossimità della costa occidentale
sarda.
Dall’isola madre il minerale veniva
caricato sui battelli carolini e depositato nei magazzini di
Carloforte, dove giaceva in attesa di essere
reimbarcato su
navi di grosso tonnellaggio per il trasporto nei centri di
lavorazione situati sulla Penisola.
L’inizio
dell’attività è databile 1851, con il trasbordo dagli approdi
di Funtanamare e di Portoscuso dei primi quintali di galena e
di cerusite. Seguirono i trasporti dalle miniere di Gennamari
(1852), Ingurtosu (1857), Masua e San Giovanni d’Iglesias
(1860), Nebida (1864), Acquaresi e Cala Domestica (1865),
Malfidano (1866).