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Il Porto di Carloforte

  

  

I carlofortini, che sin dal loro insediamento nell’isola di San Pietro trovarono nel mare le condizioni favorevoli per l’esercizio della loro attività lavorativa e, successivamente, la fonte principale del loro benessere, vollero far sorgere proprio vicino al mare le prime abitazioni, progettando, sin da allora, di realizzare un punto di approdo là dove sorgeva solo l’arenile.

Il porto di Carloforte assunse in breve tempo un ruolo primario in Sardegna ed ovviamente per l’economia della comunità carolina. Tuttavia, le vicende legate alla sua realizzazione ebbero un’origine travagliata.

 

Sebbene di esso si trovi indicazione in uno degli articoli d’infeudazione dell’Isola, e vi fosse preposto un comandante, il porto fu in realtà rappresentato per lungo tempo da poco più che una lingua di sabbia situata di fronte all’abitato. Esso servì alla bisogna fintantoché le richieste del paese non costrinsero ad utilizzare bastimenti sempre più grandi, i quali necessitavano di approdi sempre più accoglienti.

Nel 1733, allorché si diede inizio ai lavori della nuova chiesa dedicata a San Carlo, si pose il problema di realizzare un piccolo molo d’approdo, in modo tale da consentire agli operai di scaricare con maggiore facilità i materiali da costruzione che giungevano a Carloforte via mare.

 

Delle condizioni del porto ci si dimenticò per quasi un secolo. Solo nel 1871, quando lo sfruttamento delle miniere del vicino Sulcis aveva preso da tempo il via, Quintino Sella, Ministro delle Finanze del Regno, si interessò nuovamente delle sue sorti. Alle molte parole seguirono ben pochi fatti e poco o nulla venne fatto per dotare Carloforte di un porto degno di questo nome.

 

Si dovette attendere ancora del tempo prima che il porto, nel frattempo abilitato al transito di diversi materiali, venisse potenziato. Le spese per il molo d’attracco, realizzato nel 1882, furono a totale carico del Comune, mentre solo nel luglio del 1896 venne completata la banchina Sud, a spese dell’erario, e nel 1902 quella Nord.

Le proporzioni assunte dal traffico commerciale nei primi anni del XX secolo posero i primi problemi di carattere tecnico. La necessità di alcune opere di razionalizzazione si rese addirittura impellente: in particolare l’allungamento delle dighe foranee, il consolidamento e l’avanzamento delle banchine e dei moli d’approdo e la costruzione, già da tempo proposta, di un segnale luminoso sul secco denominato dei marmi. Allorché, sul finire del 1905, alcune violente mareggiate provocarono gravi danni al naviglio ormeggiato, fu rinnovato da parte della Giunta l’invito alle autorità affinché l’ancoraggio del porto fosse reso più sicuro e scongiurasse nuovi disastri.

 

Finalmente, il 14 luglio 1907 fu varata una legge per il potenziamento del porto di Carloforte; ma si dovette attendere ancora qualche anno prima che esso assumesse l’aspetto (quasi) attuale: il dragaggio del fondo e la realizzazione delle banchine avrebbero permesso, di lì a poco, l’approdo di navi di migliaia di tonnellate. Perché le dighe racchiudessero la rada e la moltitudine dei natanti in essa ormeggiati bisognò attendere l’avvento del fascismo; i lavori, inaugurati il 6 gennaio 1926, terminarono nel 1929.

 

Nuovi lavori sostanziali – avanzamento delle banchine e prolungamento di entrambe le dighe foranee – sono stati eseguiti all’inizio degli anni 2000.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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