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Gli albori delle Tonnare
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La pesca della tonnara ha
origini
antichissime, come dimostrato dai graffiti nella grotta
del Genovese a Levanzo, una delle isole Egadi, e da antichi
vasi greci e romani che riproducono chiaramente questo
pesce.
La praticavano già i Fenici, i Romani e i
Greci poi; in seguito anche gli Arabi che, dalle
coste africane, la introdussero in Sicilia e in Sardegna,
dove, fin dal Medioevo, questo tipo di pesca fu appannaggio
dei Pisani al Nord e dei Genovesi al Sud.
Già nel IV secolo a.C., Archestrato da
Gela, poeta e gastronomo, parla dell’uso del tonno nella
cucina dell’epoca. Il
garum,
una specie di condimento fatto con le interiora del tonno,
era molto conosciuto ed apprezzato dai Romani. Insomma, per
circa 12.000 anni il tonno ha rappresentato la maggiore
fonte economica ed una risorsa naturale per
tutte le popolazioni che si affacciavano sul bacino del
Mediterraneo.
Le tonnare ebbero vicende diverse,
divenendo anche oggetto di concessioni e di
appannaggi feudali, soprattutto in Sardegna. A partire
dal 1587, il re Filippo II di Spagna favorì la calata delle
tonnare lungo le coste della Sardegna, ma fu ben presto
chiaro che queste attiravano più le incursioni barbaresche
che i tonni e anche per questo il re ordinò la
costruzione di torrette di avvistamento lungo tutte le
coste Sarde.
L’influenza spagnola che diede il grande
impulso allo sfruttamento dei banchi di tonno in Sardegna è
evidente:
matar
infatti, nella lingua iberica, significa uccidere e la
mattanza è la fase finale della pesca con tonnara,
l’annientamento completo di tutti i tonni finiti nella
rete.
E’ solo a partire dal 1600 che si hanno
notizie certe sulle tonnare sarde e nella metà del
1800 tutta la costa occidentale della Sardegna era un
susseguirsi di tonnare, da Nord a Sud. Questa repentina
moltiplicazione si spiega non soltanto con il
perfezionamento delle tecniche di pesca, ma anche con un
nuovo elemento introdotto in quegli anni per la
conservazione del pesce che ne permetteva il consumo
non solo a breve termine, ma anche in tempi più lunghi.
Un tempo il tonno era infatti, più che ai
giorni nostri, un prodotto basilare per l’alimentazione: la
salagione era l’unico modo conosciuto per conservare
il pesce dato che, fino alla metà del 1500, lo stoccafisso
e il baccalà non erano conosciuti in Italia e non era
quindi possibile in altro modo, soprattutto per i meno
abbienti, aderire ai precetti religiosi che
imponevano di mangiare pesce al venerdì e
durante la
quaresima.
Anche se si hanno notizie di tonno
conservato sott’olio in orci di terracotta fin
dall’antichità, questo metodo non era molto diffuso. Solo
nel 1868 venne applicata l’invenzione del francese
Nicolas Appert e dell’inglese
Bryan Donkin che consentiva la
conservazione del tonno in scatole di latta chiuse
ermeticamente e successivamente sterilizzate, consentendo
così una diffusione a largo raggio di questo alimento.
Fu appunto in quest’epoca (metà dell’800) che nacque il
periodo d’oro delle tonnare, e che furono costruiti i
grandi stabilimenti che diedero un notevole incremento
all’economia legata a questo pesce.
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