> Tonno > La tonnara di Carloforte
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L'edificio sottomarino delle reti
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Nella
tonnara fissa di Carloforte
(dai primi di maggio a metà giugno), le reti vengono calate
lungo la costa settentrionale dell’Isola, in una zona ben
precisa, tra le Tacche Bianche e la Punta delle Oche.
Ha una superficie totale di 1550 metri, solo il
pedale
è lungo circa 1050 e il resto della rete ha una superficie
di 500 metri; queste misure possono cambiare, perché è il
Rais che di volta in volta decide come va calata la tonnara
che ha un’entrata di 20 metri (una volta era di 50) e che
si restringe ad imbuto, come quella della
nassa,
impedendo al tonno di uscire.
La grande estensione della Tonnara che si vede in
superficie si chiama
isola
ed è ormeggiata a terra ad uno scoglio tramite il
pedale, al quale è attaccata la
coda,
una lunga rete che va dall’isola al pedale con un andamento
leggermente ricurvo e che ha il compito di
sbarrare il
passo ai tonni e di convogliarli verso la trappola.
La rete, tutta in nylon, è tenuta in forma
in superficie da un grosso cavo d’acciaio
al quale
sono legati dei galleggianti che servono sia a
tenere a galla la rete che ad avvertire le imbarcazioni
di tenersi a debita distanza, anche se durante il periodo
di pesca c’è il divieto di transito in quella zona.
Prima della diffusione delle
fibre sintetiche, il materiale
usato per costruire le reti della tonnara era lo
sparto
(una graminacea spontanea del Nord Africa e della Spagna
importata e coltivata successivamente anche in Sardegna,
dalle cui foglie si ricavano fibre sottili per fabbricare
cesti, cordami e appunto cavi e reti per le tonnare). In
seguito fu utilizzata la
fibra di Cocco
perché ritenuta più resistente e durevole.
La parte più grande e complicata di tutto
l’impianto della tonnara si trova sott’acqua; è un
edificio
sottomarino simile ad un labirinto di stanze entro le
quali il tonno entra e nuota fino a raggiungere l’ultima,
la camera della morte. Le stanze, una volta sei ed ora
cinque, hanno tutte un nome a seconda della posizione che
occupano e della loro funzione.
La prima, nella quale entra il tonno che,
seguendo la coda che gli sbarra il cammino, ha raggiunto
l’entrata, è la
grande; poi da lì passa nel
bordonaro, poi raggiunge il
bastardo
e la
camera
ed infine la
camera
della morte
o
corpus
che è l’unica ad avere un fondo (detto
letto) e da cui il
tonno non ha vita d’uscita.
La serie di grosse e robuste reti vengono
fissate sul fondo marino da più di
cento ancore (in
passato venivano usate delle grosse pietre) distese
obliquamente ai lati delle reti in ogni senso e direzione
per resistere agli urti delle onde e alle forti correnti
marine.
Le operazioni per l’inizio della pesca avvengono ai primi
di Maggio; in quel periodo le imbarcazioni addette alla
pesca (barcarecci)
raggiungono e si dispongono nei luoghi
stabiliti; i tonnarotti, organizzati dal capo pesca (Rais),
osservano il passaggio dei tonni da una camera all’altra in
attesa di ordini.
E’ tradizione antica recitare prima dell’inizio della pesca
alcune preghiere
rivolte a Sant’Antonio,
perché assista alle operazioni, a
San Giorgio perché allontani i pescecani, a
San Gaetano perché mandi
la Provvidenza, a
San Liberto perché eviti
gli infortuni, a San Pietro
perché la pesca sia copiosa, alle anime del Purgatorio e a
tutti i santi protettori.
Terminate le preghiere il
Rais,
il capo della tonnara, una figura quasi mitologica, ordina
la mobilitazione dell'equipaggio e pronuncia il rituale: "In
nome de Diu, molla".
E' il segnale. Si aprono le ultime porte e il tonno entra
nella camera della morte. La ciurma di mare è al gran
completo, ha preso posto sulle imbarcazioni, ha fatto
quadrato ed è pronta. Con voce possente il Rais impartisce
l'ultimo comando: "Leva". I tonnarotti, urlando e
incitandosi a vicenda, sollevano la rete mobile di fondo
e i tonni sono costretti a salire verso la
superficie. Il mare si colora di riflessi argentei e le
grosse gobbe dei tonni impazziti e soffocati
affiorano nello specchio di mare dove si perpetuerà il loro
tragico destino.
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