“Viva è..!! Viva è..!!”, urlava e gridava e vociava il
Dottor Cavallina grondando lacrime di sudore a gocce
grandi così. Solo allora Ringo smise di piagnucolare per
iniziare ad abbaiare, gareggiando per intensità ed
emozione con le urla del Dottor Cavallina. Il medico
ripeteva infervorato ed eccitato quel “Viva è..!!” e
Ringo
abbaiava più forte ancora, come a ribadire che aveva
capito tutto e partecipava anche lui alla gioia. La forte
tensione di quella mattinata per loro due si sciolse solo
in quel momento grave.
Il cane era, e ancora è, uno spinone di madre Yorkshire.
Viveva a Carloforte, un isolotto isolato a sud dell’isola
di Sardegna, enclave ligure. Da quando i suoi padroni si
erano separati Ringo divideva gli affetti umani più cari
restando fino a dopo pranzo da Antonietta, per trascorrere
poi la giornata facendo niente per il paese mentre la notte
andava a trovare a casa e finiva con l’addormentarsi da
Gaitàn, l’ex marito di
Antonietta.
La cosa curiosa è che i due abitavano agli opposti dell’isola e dunque c’era da percorrere un bel pezzo di strada
faticosa soprattutto d’estate, con quel caldo e vento che
stancava uomini e bestie. La cosa buffa era che
Ringo
prendeva l’autobus, si proprio, un piccolo mezzo pubblico
che faceva maniacalmente sempre lo stesso percorso, da
Tacca Rossa a
Cala Fico, passando da
o Pàize e le
Saline.
Ringo saliva sul mezzo a
Tacca Rossa, in genere alla corsa
delle otto ma se intuiva che c’era confusione aspettava
quella delle otto e mezza. In quella mezz’ora si appostava
davanti il laboratorio di dolci di
Tolùn dove ormai sapeva
che avrebbe ottenuto un pezzo di cannoncino o di bomba da
qualche avventore che lo riconosceva e a
Carloforte lo
conoscevano tutti. A bordo del mezzo si raggomitolava sul
fondo della vettura, non dava fastidio né confidenza ai
turisti che cercavano di vezzeggiarlo. Lui conosceva e dava
confidenza solo ai carlofortini, che riconosceva uno per
uno.
A Cala Fico, per scendere alla fermata davanti la casa di
Mànegu, dava un abbaiata educata all’autista, una soltanto,
che già conosceva le abitudini del cane e per
Ringo
equivaleva a prenotare la fermata.
Percorreva quindi cinquanta metri e arrivava a casa di
Antonietta, in Vicolo Serretta, 6.
Quel giorno Ringo la trovò sul pavimento, immobile, immersa
in tanto sangue e terra. La scosse con i denti e con tutta
la forza senza farle del male ma intuì la gravità della
cosa e come un lampo si mise a correre con tutta la sua
agilità canina verso il paese, attraversando terreni,
saltando muretti a secco, insomma correndo come una saetta
per il percorso più breve. Arrivò senza fiato dal
Dottor
Cavallina, siciliano, medico in pensione, che non aveva mai
smesso di farlo per passione. L’abbaiare forsennato e
ininterrotto di Ringo convinse il
Dottor Cavallina a salire
sulla sua Panda vecchia ma sempre lucida e tirata a nuovo e
seguire Ringo fino a
Cala Fico.
Era immobile, pareva morta, era ancora con la camicia da
notte. Aveva perso molto sangue e il medico stabilì, dopo
accurata ma veloce valutazione, che trattavasi di una forte
epistassi, in termini più semplici un’emorragia di sangue
dal naso, di cui Antonietta soffriva da anni ma stavolta
molto era più copiosa del solito.
La donna, che aveva anche la pressione un po’ ballerina,
alla vista del sangue aveva perso i sensi e non si accorse,
non poteva avvedersene, della forte emorragia in corso. Gli
strattoni di Ringo e il caldo del suo sangue a contatto con
la guancia la scosse e infine le urla di
dottor Cavallina
la destarono del tutto.
Antonietta venne ricoverata per osservazione all’Ospedale
di Cagliari per una settimana e Ringo ogni giorno, con il
solito ed unico autobus, scendeva al Porto, all’orario
d’arrivo del traghetto, nella speranza di vedere scendere
la sua padrona, non passò più dalla pasticceria, di notte
andava a dormire da Gaitàn e lì a stento beveva un po’
d’acqua senza toccare cibo.
Finalmente dal garage del traghetto
Ringo vide uscire la
figura di Antonietta e con tutto il suo slancio canino la
cominciò a leccare, a spingerla con forza con le sue zampe,
abbaiando come un forsennato, felice, con il cuore che
batteva fortissimo. C’era anche Gaitàn, un po’ in disparte,
piangeva come un bambino e Antonietta lo vide.
Come volesse esprimere un’idea, Ringo allora si spostò a
dare due leccate a Gaitàn, otto o dieci scodinzolate per
tornare a fare di nuovo le stesse feste a
Antonietta. I due
si avvicinarono lentamente, come per magia,
Ringo abbaiava
e saltava dalla gioia come non mai, la coda impazzita.
I due si presero forte per mano, dapprima con un po’ di
trepidazione poi Ringo si mise allo loro spalle con la coda
a tergicristallo, con il cuore di cane felice.
Tutti insieme salirono sull’autobus, l’autobus di
Ringo.